Catalogna stallo d'Europa, vincono Indipendetisti, primo partito però é Ciudadanos Boris Johnson a Mosca per parlare di Siria e Cyberwar |
Barcellona -
Stallo catalano. Gli Indipendentisti vincono le elezioni e riottengono
la maggioranza alla Generalitat Catalana, Puigdemont, che se torna in
Spagna, rischia l'arresto, premier designato. Ma gli Unionisti di
Ciudadanos rivendicano di essere il primo partito della Regione.
Puigdemont stende una mano a Rajoy ma non intende incontrarlo in
territorio spagnolo. È accusato dai procuratori spagnoli di ribellione e
sedizione. I partiti indipendentisti per la Catalogna (JxCat), la
Sinistra Repubblicana di Catalogna (ERC) e l'Unità Popolare (CUP) erano
insieme per ottenere un totale di 70 seggi, dando loro la maggioranza. |
Boris Johnson a Mosca parla di Siria, Cyberwar, Corea e mondiali di calcio
Mosca - Nemici, amici, alleati e spioni. Russia e Gran Bretagna cercano accordi. Boris Johnson é il primo leader britannico a visitare la Russia in cinque anni. Al centro ci sono apparentemente possibili attacchi informatici, in realtà sul tavolo, le questioni scottanti riguardano soprattutto il Medio Oriente e la Siria. Boris Johnson intende ribadire, chissà perché, che il Regno Unito non vuole attaccare le difese informatiche russe, ma dirà che volendo potrebbe farlo. Al di là delle schermaglie diplomatiche. Le relazioni complessive tra i due paesi sono "nel migliore dei casi pessime, nel peggiore dei casi". Il primo ministro britannico ha avvertito a novembre dei rischi della "campagna in corso di spionaggio e interferenze informatica" della Russia. Per Johnson, "ci sono aree in cui la Russia si sta comportando in modo più ostile nei confronti dei nostri interessi che in qualsiasi momento dalla fine della Guerra Fredda". In effettui i temi sono :.la Corea del Nord, la ricerca di una soluzione politica in Siria e la conservazione dell'accordo nucleare iraniano. E infine la sicurezza dei tifosi di calcio inglesi quando la Russia ospiterà la Coppa del Mondo il prossimo anno. I precedenti di Marsiglia preoccupano i tifosi britannici. (Richard Sokolovsky, 22 dicembre 2017) |
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Olimpiadi di distensione tra le due Coree
Seul - Kim Jung Un apre al dialogo con il Sud, in vista delle Olimpiadi, dopo aver annunciato che il suo paese parteciperà ai Giochi. Un sospiro di sollievo, visto che il governo di Seul si preoccupava di eventuali attacchi missilistici o rappresaglie del Nord, proprio nei giorni delle Olimpiadi. Il leader nordcoreano ha anche fatto gli auguri per un miglioramento dei rapporti tra i due paesi divisi ormai dagli anni della guerra fredda. "Le Olimpiadi invernali che terranno presto nel Sud saranno una buona opportunità per mostrare lo stato della nazione coreana e desideriamo sinceramente che l'evento si svolga con risultati positivi". Ha detto Kim a capodanno alla televisione di stato. Una mossa a sorpresa, probabilmente concordata con gli alleati russi e cinesi, che smussa l'immagine internazionale che i media avevano costruito del leader coreano. Dopo le telefonate iniziali, in calendario per martedì 9 gennaio colloqui ad alto livello bilaterali per favorire la partecipazione degli atleti di Pyongyang, in un luogo simbolico, al villaggio di Panmunjeom , dove venne firmato l'armistizio del 1953 che pose fine alla Guerra di Corea. Per il Nord sarà rappresentata, a meno di ripensamenti dell'ultima ora, dal vice-premier Ro Tu Chol. Lo stesso che lo scorso settembre ordinò al calciatore del Perugia Han Kwang Song di non partecipare alla Domenica Sportiva su Rai Due. Seul si affiderà oltre che al ministro dell'Unificazione Cho Myoung-gyon anche a quello dello Sport Do Jong-hwan. Il presidente sudcoreano Moon Jae-in, aveva al tempo stesso invitato i dicasteri dello Sport dei due Paesi a riavviare un dialogo. Moon nella prima riunione di gabinetto del 2018 ha posto però dei paletti, ribadendo che "il miglioramento dei rapporti non può essere separato dal nodo nucleare". Le Olimpiadi di PyeongChang si terranno dal 9 al 25 febbraio prossimi nella località sciistica che dista appena 80 chilometri dal confine. Positive le reazioni internazionali, entusiastiche quelle della Cina (Nicola Campi, 2 gennaio 2018) |
Bagdad - “Dopo quasi nove anni, la guerra finisce .Oggi, nonostante i ripetuti attacchi da coloro che cercano di fermare lo sviluppo dell’Iraq, le violenze si attestano al minimo storico”. Queste sono le parole del presidente Obama sulla missione militare ufficialmente conclusa in Iraq con una cerimonia dell’ammainabandiera a Baghdad alla presenza del segretario alla Difesa Leon Panetta. Iniziata nel marzo del 2003 da George Bush che sosteneva sulla base di prove incerte che Saddam Hussein detenesse armi di distruzione di massa appoggiando Al Qaeda e il terrorismo internazionale, finisce una guerra che ha suscitato grande indignazione e disapprovazione. Dopo la cattura di Saddam, i sunniti a lui fedeli, cacciati dal potere, gli sciiti e Al-qaeda scatenarono attentati e assalti contro le truppe, trascinandosi una scia di violenze e di morti. Avviata senza il consenso delle Nazioni Unite, l’invasione dell’Iraq ha visto una presenza militare assidua da parte degli USA, che ha raggiunto il picco di 165 mila unità nel 2007. Durane la cerimonia, Panetta ha reso omaggio ai suoi soldati affermando: "Potete essere sicuri che il vostro sacrificio ha davvero aiutato il popolo iracheno a lasciarsi alle spalle la tirannia". Gli americani però lasciano un Paese ancora soggetto a violenze politiche, in preda al caos e alla violenza. Molti si interrogano sulla direzione che prenderà il paese e sull’effettiva valenza di questa guerra e sull’aiuto promesso dagli Stati Uniti, i quali si sono dichiarati “partner convinto” dell’Iraq in nome di tutti coloro che si sono sacrificati per questa guerra. In particolare si teme l’influenza dell’Iran, che nel corso degli anni si è servito delle rivolte interne dell’Iraq per fare di questo paese una sua “provincia sciita”. Sul piano politico , l’Iran ha influenzato la politica interna irachena, appoggiando i partiti sciti; in ambito militare ha esortato i militari musulmani ad collaborare con gli americani in nome della stabilità nazionale . Dal 2003 ha rinsaldato i legami economici con l’Iraq e ha fatto del suo territorio una meta importante del turismo religioso iraniano. In base ad un accordo tra Washington e Bagdad del 2008, gli ultimi soldati americani ancora in Iraq lasceranno il Paese entro il 31 dicembre per continuare ad addestrare le forze di sicurezza locali, circa 200 militari e 700 civili lavoreranno come istruttori di aerei da caccia e carri armati acquistati dalla forze armate. La principale base di supporto del medio Eufrate, a quaranta chilometri a sud di Baghdad, è diventata un centro logistico del nuovo esercito iracheno. "Il comando della base è ora trasferito all'Aeronautica irachena, che e' pronta ad assumerne la responsabilità", hanno annunciato le autorità irachene nel corso della cerimonia che si è svolta nella base di Nassiriya, 300 chilometri a sud di Baghdad. L'esercito americano ha consegnato alle autorità irachene l'ultimo detenuto che aveva in custodia in Iraq, Ali Musa Daqduq, un libanese sospettato di essere membro di Hezbollah e accusato di essere responsabile nel 2007 della morte di cinque soldati Usa. di Giovanna Marcianò |
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