Compromesso
al Vertice sul clima di Cancoon
Cancoon -
Si chiude con un compromesso il vertice sul clima, in Messico. Le due
settimane della sedicesima conferenza internazionale sui cambiamenti
climatici terminano con una intesa che rinvia al prossimo vertice la
soluzione di tutte le questioni più spinose, ma fissa una serie di
paletti e obiettivi a lungo termine sul clima.
Tra gli accordi viene sottoscritta l'urgente necessità di
ridurre le emissioni di gas a effetto serra, per fare in modo che la
temperatura globale non aumenti oltre due gradi. Inoltre, viene
istituito un fondo "verde" di 100 miliardi di dollari all'anno dal 2020,
destinato ad aiutare i paesi in via di sviluppo a mitigare gli effetti
dei cambiamenti climatici. I governi promettono ‘un'azione urgente’ per
evitare che le temperature globali salgano più di due gradi Celsius. E
si chiede agli scienziati di verificare se si dovrà
abbassare l'obiettivo sulle temperature ad 1,5 gradi,
accogliendo le preoccupazioni e gli accorati appelli delle piccole isole
che temono di sparire per l'innalzamento degli Oceani. Nell'accordo vi è
anche la creazione del Green Climate Fund dove dovranno confluire gli
aiuti dei paesi ricchi a quelli poveri per fronteggiare le emergenze
determinate dai cambiamenti climatici e adottare misure per prevenire il
global warming. di Giuseppe Verbaro
Copenhagen
- In una città blindata, il summit mondiale sul clima si è aperto con un
video-choc che mostra una bambina travolta da una mareggiata nel
deserto, “Please, save the world” dice alla fine la bimba e Ban Ki Moon,
segretario generale dell’Onu, sembra farle eco, “Ora è il momento di
agire” ha affermato prima di imbarcarsi per Copenhagen “non è più tempo
di tergiversare o di fare delle accuse; ogni Paese deve apportare il suo
contributo per concludere un accordo”. Ma le divergenze tra i 192 paesi
partecipanti non mancano, sono state anzi messe in rilievo sin dal primo
giorno: la diatriba più temuta dai negoziatori, che potrebbe far saltare
l’accordo, è quella tra Cina e USA. Gli Stati Uniti, che intanto
giovedì 16, hanno annunciato lo stanziamento fino al 2020, di 100mln di
dollari l’anno per aiutare i paesi poveri nello sviluppo di tecnologie
ecosostenibili, hanno affermato che la bozza stilata dalla Cina insieme
a Brasile, India e Sud Africa, è squilibrata e a vantaggio dei paesi
emergenti. Il documento cinese, scritto in antitesi a quello redatto
dalla Danimarca, pubblicato su Le Monde, propone il prolungamento del
protocollo di Kyoto fino al 2020;ciò significherebbe un taglio di
emissioni di CO2 del 40% rispetto al 1990. Gli USA che, a suo tempo, non
hanno aderito al protocollo di Kyoto, propongono invece una diminuzione
di emissioni del 17% entro il 2020, pari solo al 3% rispetto al 1990.
Tuttavia le speranze di una svolta nell’atteggiamento statunitense sono
nelle mani del presidente Obama, che giungerà nella capitale danese il
18 dicembre. Dal canto suo, l’Europa ha definito insufficiente la
proposta degli Stati Uniti e messo a disposizione 7,2 miliardi di euro
per aiutare i paesi in via di sviluppo; l’Italia, nello specifico,
tramite il ministro Prestigiacomo porterà avanti la formula 20-20-20:
20% di Co2 in meno entro il 2020. Segnali positivi arrivano anche dalla
Russia, che si è impegnata a tagliare del 25% le emissioni. Il testo
proposto dalla Danimarca invece, ha incontrato le proteste di molti
paesi sottosviluppati che accusano i potenti di ignorare le aree del
mondo in difficoltà. La bozza infatti, oltre a prevedere il dimezzamento
delle emissioni globali del 50% entro il 2050 (rispetto al 1990) e
stabilire nel 2020 il limite massimo per il picco di inquinamento,
sembrerebbe volgere a favore dei paesi del Primo Mondo violando in
questo modo lo spirito del protocollo di Kyoto ed attentando al
progresso economico di vaste aree mondiali, già costrette a subire le
conseguenze del comportamento scorretto, in materia d’inquinamento, dei
paesi avanzati. Gli stati del G77, che raccoglie tutte le nazioni
emergenti, infatti, lunedì 14, hanno abbandonato i lavori del summit per
qualche ora, per protestare contro un accordo a loro dire iniquo, e per
chiedere il prolungamento del protocollo di Kyoto. La protesta, che
comunque ha segnato particolarmente il summit, per il uso significato
profondo, è rientrata dopo poche ore. Non si è placata invece la
contestazione al di fuori del Bella Center, sede del summit: migliaia di
manifestanti infatti, da giorni stanno organizzando iniziative per le
strade di Copenhagen. I cortei, per lo più pacifici, incontrano però la
ferma opposizione della polizia che, temendo disordini, hanno fermato,in
questi giorni, oltre 1000 persone ed impedito ai dimostranti il completo
svolgimento delle manifestazioni. Dunque, alla luce di quanto accade
all’interno e all’esterno della struttura, un accordo per la risoluzione
definitiva del problema del riscaldamento globale, sembra ancora
lontano. Federica Olivo
New York - Stavolta la
denuncia parte dal Pentagono. Entro il 2008, la Corrente del
Golfo, il flusso di acqua calda proveniente dal Golfo del Messico si
arresterà. Fino ad oggi, questa corrente ha evitato che il Nord America
e l’Europa Occidentale e Settentrionale si ghiaccino. E’ stata una sorta
di feedback, responsabile dei modelli climatici che definiscono e
quattro stagioni che noi ben conosciamo. Purtroppo si è dimostrato
insufficiente il Protocollo di Kioto, del 1997, in cui molti dei paesi
industrializzati, che sono i massimi responsabili delle emissioni di
anidride carbonica e altri gas serra si sono impegnati a ridurre entro
il 2010 le proprie emissioni del 5% rispetto ai livelli del 1990. Gli
Stati Uniti si sono rifiutati di accettare questo Protocollo e anche la
Russia, il cui contributo è determinante per consentire l’entrata in
vigore del Protocollo, si sta mostrando restia a ratificarlo. È un
problema reale, che ci coinvolge tutti. I nostri scienziati concordano
sul fatto che il riscaldamento globale sarà causa di enormi cambiamenti
e problemi nel mondo, ma secondo il loro ragionamento ci vorranno
cinquanta o cento anni prima di doverci occupare dei suoi effetti. La
loro idea è che il riscaldamento globale sarà lento ed il mondo troverà
il tempo per scoprire la soluzione ai problemi. Nuove tesi però
sono<molto più allarmistiche. Suggeriscono che questo scenario è
semplicemente errato: la copertura nevosa è diminuita del 10% dal 1960 a
oggi, si è avuto un ritiro generalizzato dei ghiacciai, e il livello dei
mari, a causa dei ghiacci polari è cresciuto di 10-20 cm nel corso del
XX secolo. Il riscaldamento globale, dovuto all’effetto serra; negli
ultimi cento anni la temperatura terrestre è cresciuta di 0,6 gradi.
Alla fine di questo secolo, l’aumento stimato cambierà da 1,4 a 5,8
gradi. È ormai accertato che la ragione del progressivo riscaldamento
del pianeta risiede nell’opera dell’ uomo. Attraverso l’inserimento
nell’aria di gas, come l’anidride carbonica, l’uomo ha aumentato
l’effetto serra; un effetto già esistente. Un altro dei grossi errori
umani è stato la deforestazione, che ha eliminato gran parte dei
“polmoni naturali”, rappresentati da boschi e foreste che ricoprono il
ruolo di captatori di CO2, e da riduttori dell’effetto serra, oltre che
da stabilizzatori diretti delle temperature; in più la deforestazione
danneggia i bacini idrici, essa fa aumentare i rischi di incendio e
contribuisce all’innesco di mutamenti climatici. Mentre, per esempio, la
distruzione di paludi costiere, dune e mangrovie, elimina gli
“ammortizzatori naturali”, in grado di proteggere le coste dai tifoni
marini. La gran parte dei gas serra la immettono gli USA, il 25%; in più
l’attuale politica taglia gli investimenti per le fonti energetiche
rinnovabili, alternative e fossili, del 27%; gli investimenti per
progetti solari ed energia eolica al 49%. La politica statunitense è
basata sul petrolio, che aumenterà le immissioni del paese di circa 35%.
Lo stesso presidente Bush oltre a essere direttamente collegato al mondo
del petrolio, è stato sostenuto nella sua campagna elettorale dal
comparto petrolifero statunitense. Ma noi dobbiamo pensare anche a un
futuro possibile. di Maria Cristina Schiavone
"Climate Day", il
16 febbraio per ricordare il protocollo di Kyoto
Roma -
Sicurezza benessere e qualità della vita sono a rischio per i
cambiamenti climatici del pianeta. Questo è quanto emerso nelle
conclusioni della conferenza sul clima. Il Manifesto della Conferenza
(“New deal per adattamento sostenibile e sicurezza ambientale”) è
orientato a mettere in evidenza la necessità di “sviluppare politiche
concrete di mitigazione dei cambiamenti climatici rispettando gli
impegni assunti e lavorando nelle opportune sedi internazionali per più
significative riduzioni dell’emissione di gas climalternanti, avviando
contestualmente iniziative concrete a favore del risparmio,
dell’efficienza energetica e dell’utilizzo di fonti rinnovabili
sostenibili”. Uno dei documenti conclusivi ha proposto una serie di
“buone azioni” : incentivi per il risparmio energetico e nuove normative
per la bioedilizia. E ancora etichettatura idrica per una migliore
gestione delle risorse d’acqua, azioni volontarie di risparmio, per
sostenere l’agricoltura di qualità e biologica. Sembra interessante la
messa in sicurezza delle coste con adeguate infrastrutture portuali,
reti di trasporto e localizzazione mirata degli impianti di produzione
di energia. Dovrebbero essere introdotte precise norme di sicurezza e
attività di prevenzione per le zone a rischio idrogeologico. Ma il
documento richiede una più oculata gestione delle risorse marine e la
salvaguardia dell’ecosistema. E non basta, un invito anche ai turisti;
si chiede che sia più rispettoso del patrimonio naturalistico e nuove
strategie sanitarie in sintonia con i mutamenti climatici. Tutto ciò é
possibile solo con un ampio coinvolgimento dei cittadini, ma anche con t
un monitoraggio puntuale. E' stato proposto anche il “Climate Day” nel
giorno della ratifica del protocollo di Kjoto (16 Febbraio). di
Sebastiano Romeo
Roma - In
un dossier Legambiente ha indicato: Bangkok, Giakarta, Lagos, Shanghai,
Rio de Janeiro, Dacca, Karachi, Il Cairo, Città del Messico, Bombay,
come le “10 Megalopoli a effetto serra”. Queste dieci città, ha
sostenuto Legambiente arriveranno ad ospitare nel 2008 più della metà
della popolazione mondiale. Dovranno dunque fare i conti con cicloni,
tempeste, inondazioni e desertificazione causati dal surriscaldamento
del pianeta. In Asia oltre il 75% delle persone vive lungo le coste e/o
in prossimità dei grandi fiumi, sarà perciò continuamente a rischio
inondazioni. Il livello del mare si sta alzando di 25 millimetri
all’anno. Negli USA gli uragani diventeranno sempre più frequenti, già
nel negli ultimi 35 anni sono aumentati da 10 all’anno a 18. Il rischio
desertificazione minaccia in primo luogo l’Africa ma anche oltre 100
Paesi e 1 miliardo di persone. Roberto Della Seta, presidente nazionale
di Legambiente ha detto “Le comunità più esposte sono proprio le più
povere”. Ora spetta ai paesi ricchi e industrializzati fare qualcosa. di
Chiara Filardi
Roma
– Dieci anni dopo il primo grande incontro mondiale sui mutamenti
climatici a Kyoto, dal 2 al 14 Dicembre si è svolto a Bali un nuovo
meeting dove si sono incontrati 10000 rappresentanti di 190 paesi di
tutto il mondo. Almeno l’inizio del summit è partito con la buona
notizia che ai paesi che avevano firmato a Kyoto si è aggiunta anche
l’Australia, lasciando gli Stati Uniti sempre più soli nel non voler
firmare. Ma poco prima della chiusura del summit, gli Stati Uniti,
rappresentati da Paula Doubransky, attaccati duramente da Sudafrica a
Papa Nuova Guinea hanno firmato il trattato. Una decisione dovuta perché
700 città e 25 paesi americani avevano già accettato il trattato di
Kyoto, C’è chi dice che il merito è stato il nuovo premio Nobel per la
Pace Al-Gore, o i live - heart. Ma più probabilmente è stato decisivo il
G 8 svoltosi in Germania a giugno, con al centro il problema dei gas
serra, chiusosi con la promessa di un nuovo Kyoto. E ancora di più le
pressioni del segretario generale Onu che a settembre ha messo come
principale obbiettivo nella sua agenda il problema clima, di Gerardine Frammartino
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